Danilo era nato in queste terre, a Medicina: uomo della Bassa per eredità paterna, ma con radici ben piantate in Val di Non, dove era nata la mamma. Origini a Tret, il paese che ha dato i natali alla Ciaspolada, che tante volte lo ha visto in prima fila al via, e ha influenzato le sue scelte sportive. E che atleta è stato, Danilo: a sedici anni ha corso la sua prima Firenze-Faenza, sulle tracce del Passatore; ha praticato sci nordico, sci alpinismo, ciclismo e atletica. Era inesorabilmente attirato da tutto ciò che era “no limits”, dalle granfondo ciclistiche al wintertriathlon. Quando, agli inizi degli anni Novanta, scoprì il triathlon, capì subito dove sarebbe arrivato: naturalmente all’Ironman, la prova più grande, dura, importante, che ha completato cinque volte, sempre a Roth, con un personale di 9h53’.

Nel suo modo di intendere e praticare lo sport c’erano sempre un entusiasmo contagioso, una passione infinita e un profondo rispetto per l’avversario. E’ stato un grande atleta, ma dello sport gli piaceva conservare i valori più veri. Il senso del gruppo, dell’amicizia, la passione per il “terzo tempo”, che vale nel triathlon come nel rugby. Ha lasciato a ricordarlo una famiglia, un bambino che si è fatto grande senza di lui, Niccolò. E gli amici, i compagni di squadra di quella che fu una grande avventura nel segno del Team Pasta Granarolo. Insieme lo hanno pianto e rimpianto, insieme oggi continuano a ricordare il suo sorriso aperto e fraterno.